Da visitare

Il castello si eleva in cima al monte Bonadies dominando dall'alto la città di Salerno. Anche se rinvenimenti monetari attestano la frequentazione della collina già nel III-II sec. a.C., il primo impianto costruttivo risale al VI sec. d.C., nel corso della guerra greco-gotica, quando ad opera del generale greco Narsete fu fatto edificare un castrum. Resti della fortificazione bizantina sono riconoscibili in alcuni tratti di muratura in opera quadrata realizzata con grandi blocchi di tufo e nell'impianto primitivo della turris maior.

A pianta rettangolare, la torre era costruita su cinque o sei livelli, con funzione di controllo del porto sottostante e dei percorsi che avrebbero potuto facilmente condurre a Nuceria Alfaterna, nodo vitale per l'economia della pianura vesuviana. Nell'VIII secolo Arechi II fece del castello il vertice nord di un sistema difensivo triangolare, le cui mura calavano lungo i pendii del colle Bonadies cingendo tutta l'antica Salernum fino al mare: il circuito murario fu rinforzato dal principe longobardo, il cui intervento sul castello fu praticamente inesistente.[2] La posizione sul monte Bonadies offriva buone possibilità difensive; il castello e la cinta resero Salerno "per natura e per arte imprendibile, non essendo in Italia una rocca più munita di essa", come testimonia Paolo Diacono nella sua "Historia Longobardorum": il castello, infatti, non capitolò mai e durante l'assedio di Roberto il Guiscardo, nel 1077, gli occupanti patteggiarono la resa per fame. I Normanni non apportarono modifiche alla turris maior, ma sopraelevarono i salienti murari e realizzarono un ampliamento verso sud con la costruzione di un loggiato di cui rimangono alcuni piloni inglobati nella massa muraria realizzata per la sistemazione della cannoniere del XVI secolo.

Il castello
A loro si deve la costruzione della torre detta "La Bastiglia" su di uno sperone roccioso a nord del castello: la sua edificazione risponde alla necessità di controllare i movimenti non direttamente visibili dal castello. Nonostante Federico II di Svevia avesse incluso la turris maior fra le fortificazioni da riparare, il periodo svevo è poco documentato archeologicamente. Maggiori modifiche apportarono gli Angioini, che aggiunsero corpi di fabbrica e cisterne; costruirono alcune cortine, munite di saettiere (sottili feritoie verticali da cui i difensori potevano scoccare frecce) al di sotto delle quali vennero successivamente installate delle fuciliere ancora visibili: agli stessi si deve la costruzione di un balneum e di un sistema termale che utilizzava le numerose cisterne individuate. Le vicende che hanno caratterizzato il dominio angioino sono documentate da carte d'archivio della cancelleria angioina e aragonese. Nel 1274 vengono segnalate urgenti opere di riparazione.

I rinvenimenti in ceramica e vetro sono numerosi e di elevata qualità a testimonianza che il castello aveva anche funzione abitativa. Le ultime ristrutturazioni della fase angioina risalgono al 1299. Con gli Aragonesi il castello raggiunse il massimo sviluppo. Vennero costruiti grandi corpi di fabbrica visibili oggi a est della cosiddetta piazza d'Armi. Maioliche napoletane, fiorentine e terraglie prodotte nella vicina Vietri sul Mare attestano che il complesso non fu lasciato solo ai soldati di guardia, ma che vi soggiornarono signori di un certo rango. Gli ambienti sulla destra dell'ingresso appartengono all'età moderna quando ormai il castello aveva perduto la funzione difensiva ed era utilizzato dai principi Sanseverino feudatari di Salerno, come residenza temporanea. Tra il 1547 e il 1564 un viaggiatore inglese Thomas Hoby, fu accolto dai principi che vi soggiornavano d'estate. Nella descrizione della sua venuta da Cava, Hoby specifica di aver raggiunto il castello solo arrampicandosi lungo le rocce: non era stata infatti ancora costruita la strada che oggi unisce Vietri a Salerno.

Nel 1820, nel castello ebbe luogo una congiura carbonara, con l'intento di causare un'insurrezione popolare; ma a causa del tradimento di un affiliato, fallì tutto.

Dopo un lungo periodo di abbandono in seguito all'Unità d'Italia, gli ultimi proprietari del castello, i Conti Quaranta Signori di Fossalopara, il 19 dicembre 1960 vendettero il castello alla Provincia di Salerno che ne cominciò i lavori di restauro.

Il 1º marzo 1992 le Poste Italiane gli hanno dedicato un francobollo.

 

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